Lugano, Jazz In Bess
Si apre nel migliore dei modi la parte ticinese del festival Suisse Diagonales Jazz 2013 giunto alla sua 5 edizione, la terza organizzata dall'associazione ticinese Jazzy Jams.
Suisse Diagonales Jazz è un festival svizzero che vede coinvolti 25 jazz clubs e 10 bands di giovani musicisti svizzeri, per un totale di 100 concerti sparsi in ogni angolo della nazione.
Il Ticino partecipa a questa edizione ospitando 3 gruppi a Jazz In Bess in via Besso 42a a Lugano. Ieri sera la prima serata con il concerto del trio Mûr. I tre giovani di lucerna hanno regalato al numeroso pubblico un'ora e mezza di ottima musica, coinvolgente e accattivante. Le sonorità del trio standard del jazz, piano, basso e batteria, sono state arricchite dall'utilizzo del piano elettrico, del moog e di svariati effetti elettronici applicati al basso. Tradizione e modernità si sono legate alla perfezione con i colori e le luci del locale di Lugano, sede di Jazzy Jams.
Il festival prosegue ancora per due giorni, venerdì e sabato a partire dalle 21:00 con possibilità di cenare, il tutto nell'affascinante ambiente di Jazz In Bess.
Tesserete, Bar Alpino
Restate connessi al sito stepa-sound.ch. Prossimamente verrà pubblicata la recensione completa che comincerà in questo modo:
Jim Weider è nato a Woodstock, dove nell'aria risuonano ancora oggi le note delle chitarre di Jimi Hendrix, Pete Townshend e Alvin Lee. In questo luogo è cresciuto Jim Weider, chiaramente con una chitarra elettrica in mano.
Lugano, Teatro Cittadella
Franco Ambrosetti ha festeggiato i suoi 50 anni di carriera con un concerto di tutto rispetto. Supportato da una band strepitosa, metà newyorkese e metà svizzera ha offerto al numeroso pubblico accorso al teatro cittadella di Lugano una grande serata di jazz. Un concerto dai contenuti di altissimo livello. Ben suonato, ben presentato e ben composto.
Molto bella l'introduzione di Ambrosetti dopo il primo brano, dove in poche parole ha ripercorso le tappe più importanti della sua cariera soffermandosi soprattutto sul presente. Il progetto che ha presentato a Lugano sarà registrato nei prossimi giorni. Molto interessanti le sue spiegazioni sul concetto che lo ha portato a riunire proprio quei musicisti. Le sue parole hanno reso la musica ancora più intrigante. Speriamo che in studio di registrazione riescano a catturare tutta la tensione e le emozioni che la band è riuscita a generare da vivo.
La serata è poi continuata con un altro concerto, quello della band americana Abraham INC, che ha presentato un mix di suoni. Melodie klezmer supportate da una grande base funky e con la voce di uno scalmanato rapper come condimento. Un concerto più da piazza che da sala. Soprattutto forse troppo devastante dopo le toccanti note di Franco Ambrosetti.
Lugano, Studio 2 RSI Besso
Quello di mercoledì sera allo Studio 2 della RSI a Besso è stato un concerto dai tratti molto rock. Sarebbe andato molto bene nella scaletta del festival jazz di Chiasso di quest'anno. La band era senza dubbio composta da elementi di primo piano, non solo per via del suo leader Uri Caine ma anche per la presenza di musicisti come Ngûyen Lê alla chitarra. Si tratta di un nuovo progetto, di una live band come è stata presentata da Paolo Keller della RSI, sempre molto attento nelle proposte della rassegna tra jazz e nuove musiche. Una live band, sì perché le note proposte dai quattro musicisti non sono mai (o ancora) state catturate in un album.
Vanno comunque segnalati i bei suoni, sia del basso elettrico (supportato da un'ottima amplificazione), sia della chitarra, capace di stupire e catturare il pubblico.
Chiasso, Spazio Officina
Si è conclusa ieri sera la quattordicesima edizione del festival jazz di Chiasso che quest'anno ha avuto come filo conduttore la musica rock. Il tema era infatti Jazz around the Rock. Devo dire che è stata davvero una bella edizione, con un programma interessante e vivace. L'apertura del festival è stata affidata alla giovane band svizzera RUSCONI che giovedì sera ha presentato il suo progetto IT'S A SONIC LIFE che riproprone in chiave jazz alcuni brani della band statunitense SONIC YOUTH che a partire dagli anni '80 ha avuto un ruolo di punta nella musica rock alternativa. L'interesse suscitato già dal primo ascolto del CD It's sonic life del trio svizzero è stato confermato pienamente dal programma offerto dalla band al pubblico di Chiasso. Stefan Rusconi al piano, Fabian Gisler al contrabbasso e Claudio Strüby alla batteria hanno mostrato tutto quello che un trio acustico puù produrre su un palco, centrando in pieno il tema della rassegna.
In cartellone c'era anche un grande nome della storia del jazz e in particolare degli inizi della fusion: Miroslav Vitous. Il quale ha però presentato un concerto risultato ai più, me compreso, troppo difficile e impegnativo, ma del resto non si può mai sapere in precedenza cosa un'artista farà sul palco. Il bello della musica improvvisata è proprio questo!
La serata di venerdì è iniziata con due band, il chitarrista James Blood Ulmer e il gruppo di Matt Darriau, entrambi molto bravi e piacevoli. Forse difficilmente collocabili all'interno di una rassegna intitolata jazz around rock. Il primo molto più vicino al blues e i secondi prettamente legati al jazz più classico. È stato con il talentuoso trombettista Giovanni Falzone e con le sue mosche elettriche che la serata è entrata nello spirito giusto. Un vero portento. La band italiana ha presentato dal vivo le musiche contenuto nel bel CD Around Jimi, dedicate a un ipotetico incontro tra Jimi Hendrix e Miles Davis. L'incontro tra il grande innovatore del jazz e colui che ha rivoluzionato il modo di suonare la chitarra elettrica e influenzato la musica rock degli ultimi 40 anni.
I due in realtà si erano incontrati più volte, in privato, e se Jimi non fosse morto prematuramente avrebbero suonato sullo stesso palco insieme. Andate a leggere Miles il libro autobiografico di Miles Davis, dove il trombettista riporta la sua grande stima e il suo interesse per il modo di suonare di Jimi.
Giovanni Falzone partendo da questi episodi è riuscito a presentare un programma davvero molto interessante, ben studiato (l'intercalare di cover di Hendrix con brani originali è stata una scelta molto azzeccata), divertente, moderno, jazz e rock allo stesso tempo. Ha saputo unire i riff risalenti agli anni '70 con i suoni e gli effetti elettronici dei nostri giorni, melodia, energia, ritmo e teatralità supportato da musicisti di grande qualità.
Molto bello e azzeccato il programma di sabato sera che ha visto dapprima il pianista Danilo Rea seguito da Mina Agossi e la sua band. Una serata molto entusiasmante e a tratti esilerante.
Ricordo inoltre il disco d'oro consegnato dal comitato del festival a Luigi Guglielmetti, per gli appasionati del festival DJ GINO che da quattordici anni omaggia il pubblico con il suo giradischi e i suoi vinili. Un momento molto bello quello che ha visto un DJ Gino emozionato di fronte alla sorpresa del premio.
L'ultimo concerto è stato affidato alla band londinese Ebony Bones caratterizzati da una forte impronta teatrale. Il volume era fortissimo...forse troppo...nonostante avessi i tappi!
Quella di quest'anno è stata proprio una bella edizione con tanta musica interessante, una bella e originale scenografia e una sonorizzazione in sala molto migliorata rispetto all'anno scorso. Forse l'unico neo che accompagna i concerti da diversi anni è il brusio provocato dal fondo sala. Anche lo stesso Falzone ne sembrava a tratti infastidito.
Milano, Teatro Manzoni
Book of Angels
Quello di ieri sera a Milano è stato un vero e proprio evento. Masada Marathon, così è stato chiamato ed è stato davvero una sorta di maratona quella che ha visto sul palco del teatro Manzoni ben 12 bands, riunite per l'occasione da John Zorn con lo scopo di presentare in versione live i Book of Angels. Per gli appassionati di John Zorn un'occasione ghiottissima di vedere e sentire in una sola serata una gran parte dei musicisti che ormai da diversi anni collaborano con lo stesso Zorn, che suonano la sua musica e che pubblicano dischi presso la sua casa discografica, la Tzadik.
Qualche minuto prima dell'inizio del concerto in sala compare John Zorn, come sempre in calzoni mimetici grigi, chiodo e maglietta. Per lui il tempo sembra essersi fermato e i 57 anni sembrano essere per lui solo una cifra scritta su un documento.
Sale tranquillamente sul palco, lascia la giacca su una sedia, monta il suo sax e suona qualche nota di riscaldamento. Alle nove in punto entrano in scena i primi musicisti. Il quartesso acustico MASADA QUARTET. Poi in sucessione, secondo un copione ben studiato e con una disciplina quasi militare si susseguono tutte le altre bands:
MASADA QUARTET John Zorn Dave Douglas Greg Cohen Joey Baron
Sylvie Courvoisier Mark Feldman
Cyro Baptista Brian Marsella Tim Keiper Shanir Blumenkranz
MEDESKI, MARtin and WOOD John Medeski Chris Wood Billy Martin
Ayelet Rose Gottlieb Sofia Rei Koutsovitis Basya Schecter Malika Zarra
Mark Feldman Erik Friedlander Marc Ribot Greg Cohen Joey Baron Cyro Baptista John Zorn
Marc Ribot Jamie Saft Kenny Wollesen Trevor Dunn Joey Baron Cyro Baptista John Zorn
Erik Friedlander
Jaroslaw Bester Jaroslaw Tyrala Oleg Dyyak Mikolaj Pospieszalski
Ben Goldberg Greg Cohen Kenny Wollesen
Mark Feldman Erik Friedlander Greg Cohen John Zorn
John Zorn Ikue Mori Marc Ribot Jamie Saft Kenny Wollesen Joey Baron Trevor Dunn Cyro Baptista
...continua...
Chiasso, Spazio Officina
La tredicesima edizione del festival jazz di Chiasso si è aperta con i Quintorigo, formazione particolare per un festival di musica jazz, ma abituata ad esibirsi in contesti atipici: ricordo la loro partecipazione una decina di anni fa al festival di Sanremo. A Chiasso hanno presentato il progetto play Charlie Mingus, dove composizioni di Mingus arrangiate dagli stessi Quintorigo sono state intercalate a filmati e testi tratti dal libro autobiografico "Charlie Mingus, peggio di un bastardo". Un bel progetto che ha ripercorso in musica la vita di questo grande personaggio del jazz. Sulla carta quello che sembrava sposare perfettamente lo spirito di un festival di musica jazz si è però rivelato essere qualcosa di troppo macchinoso e asettico. La band italiana troppo concentrata sulla forma estetica dei propri arrangiamenti si è a mio modo di vedere completamente dimenticata che davanti a lei c'era un pubblico in cerca di emozioni. Inoltre il service audio si è totalmente mostrato insensibile alle sonorità proposte, e ha amplificato il quartetto acustico nello stesso modo in cui avrebbe sonorizzato una band rock.
La serata è continuata con Gato Barbieri, capace di catturare la mia simpatia solo perché anche lui evidentemente infastidito dal suono sul palco e in sala, caratterizzato da continui effetti Larsen. La sua è stata una performance senza carattere, scivolata via senza graffiare. La sua presenza in cartellone mi era sembrata del resto una soluzione di ripiego, ipotesi alimentata dalla sua presenza nei giorni successivi alla data di Chiasso nella programmazione del Blue Note di Milano.
Venerdìsera complice la nevicata la sala era quasi deserta e a dire il vero questo non mi è dispiaciuto affatto. La serata si è aperta con gli a mio giudizio una delle poche esibizioni davvero calienti di un festival che aveva promesso Fuego senza però riuscirci. La giovane formazione svizzera ha saputo portare una ventata di freschezza, di sano divertimento e di originalità. Davvero interessanti. In fondo il bello di un festival del genere dovrebbe essere quello di lasciarsi stupire da una programmazione anche un po' anonima ma in grado di fare scoprire tendenze e direzioni nuove.
Dopo di loro batterista africano, ha giocato il ruolo della star, trasformando la sala in una balera. La cosa ha attirato l'interesse soprattutto di chi non riuscendo a scaldarsi altrimenti per la mancanza di quel fuoco tanto publicizzato, ha deciso di muoversi e ballare a ritmo di musica. Ma era forse questo il calore tanto atteso?! Durante il suo concerto, senza alcuna originalità, che ruolo potesse avere un Tony Allen in quel formato in un festival che si prefigge essere non solo di musica ma anche di cultura jazz. Oltrettutto era già stato a Festate e quindi perché presentarlo ancora una volta, e per di più sempre a Chiasso?
Peccato davvero, perchè dopo di lui sul palco sono saliti gli svizzeri che avrebbero meritato più visibilità. Averli relegati a fine serata (hanno cominciato a suonare attorno all'una di notte) è stato davvero uno spreco. Con la loro musica fatta di ritmiche incalzanti e complesse, arricchite da sonorità e melodie elettroniche hanno mostrato la grande originalità e ricchezza della scena musicale svizzera.
L'ultima serata del festival ha visto dapprima sul palco con il suo progetto Bindu, che lui stesso ha presentato come un gruppo di fratelli affiatati. Affiatamento maturato concerto dopo concerto che ha portato la band a terminare la propria tournée a Chiasso. Tutto questo lo si è sentito nella musica proposta, che ha portato una ventata di emozioni.
Emozioni che Manu Katché tanto atteso e proclamato non è stato minimamente in grado di dare, presentando un concerto privo di interesse, piatto e senza originalità.
Il festival si è concluso con la britannica Alice Russell, che però non sono riuscito a seguire perché non più in grado di aspettare 40 minuti o più di cambio palco.
In sostanza questo festival ha lasciato un leggero amaro in bocca. Peccato che da un lato si cerchi di catturare sempre più pubblico puntanto più sulla quantità che sulla qualità. Mi domando perché si debba sempre puntare su nomi conosciuti quando la scena jazz è ricca di musicisti e progetti interessanti tutti da scoprire. Viviamo tutti i giorni in una società frenetica, dove tutto viene giudicato secondo il profitto prodotto. Perché volere a tutti i costi sottomettere a queste regole una bella manifestazione come quella di Chiasso? Perché per una volta non potere organizzare qualcosa solo per il piacere di scoprire, stupire ed emozionare non con i numeri ma con le novità, l'originalità e la creatività. Spero vivamente che prima di seguire le orme di Estival Jazz si rifletta bene. Mah...forse sono troppo idealista...
Trovo inoltre che si debba fare più attenzione alla sonorizzazione della sala. Per sonorizzare il genere di musica proposto in un festival come questo ci vuole una sensibilità differente da quella necessaria per sonorizzare delle band giovanili di punk-rock (senza togliere niente a nessuno). Anche i cambi palco dovrebbero essere eseguiti più rapidamente. Con 3 concerti in cartellone per serata non è possibile costringere il pubblico a delle attese del genere.
Non ci resta che aspettare un altro anno per vedere quali sorprese ci riserverà la quattordicesima edizione.
Milano, Bluenote Milano
Il BlueNote di Milano ha ospitato sabato sera un grande della musica jazz, Bill Frisell, il quale si è presentato con una formazione particolare: chitarra elettrica, violoncello, viola e tromba. L'occasione era ghiotta e nonostante le incertezze sul programma musicale che una formazione del genere avrebbe potuto offrire, ci siamo recati a Milano, dove dopo una veloce cenetta in un locale tipico ci siamo recati al BlueNote.
Al termine del concerto ci siamo detti: "beh, almeno abbiamo visto una volta Eyvind Kang". Frase che la dice lunga sul concerto. In effetti la formazione sul palco ha sì offerto della buona musica, ma di sicuro non ha lasciato il segno. I brani e le note si sono susseguite in armonia, senza annoiare o affaticare, ma purtroppo anche senza graffiare e scaldare gli animi dei numerosi appassionati accorsi nel noto locale milanese. E così alla fine abbiamo almeno visto Eyvind Kang dal vivo, che gli amanti delle produzioni di John Zorn non possono non conoscere. Compositore americano (dai tratti asiatici), violinista e suonatore di basso tuba, con il suo approccio classico alla musica jazz con influenze punk e folk ha collaborato con numerosi personaggi di spicco come Marc Ribot,Tim Young, Mike Patton e suoi Mr. Bungle, Bill Frisell e come dicevo John Zorn. Da segnalare per esempio The Story of Iceland, album composto da Kang e prodotto dalla Tzadik.
Willisau, Jazz Festival
Difficile sapere in precedenza cosa aspettarsi da personaggi come Marc Ribot, sempre innovativi, creativi e soprattutto totalmente imprevedibili e al di fuori di ogni schema. L'anno scorso era venuto a Willisau con John Zorn e ci aveva regalato delle emozioni incredibili.
Quest'anno si è presentato con un suo nuovo progetto, i "Sunship". Si è trattato di una prima europea e una seconda mondiale. Finora con questa band si era esibito una sola volta a New York, allo "Stone", il club di John Zorn. Questo la dice lunga. Sinceramente ho fatto davvero fatica a seguire e capire quello che stavano facendo sul palco. Alla fine non ci sono riuscito. Ho cercato quindi di lasciarmi andare e di rilassarmi. Ma non ci sono riuscito. Quello che veniva creato in quell'istante sul palco, sotto l'attenta guida di Marc Ribot che continuava a sfogliare spartiti e a fare segni ai suoi compagni era davvero troppo oltre per me. Mi sarebbe piaciuto vedere cosa c'era scritto su quei fogli che continuava a mettere e togliere dal suo leggio.
E così si è conclusa un'altra edizione del festival Jazz di Willisau che a parte le colonne in autostrada è sempre una trasferta davvero interessante da fare.
Willisau, Jazz Festival
Un duo particolare quello che hanno presentato Xu Fengxia e Lucas Niggli. Pensate che Xu Fengxia, dopo una carriera nella musica classica in cina, ha fatto parte della prima band rock cinese della storia suonando il basso elettrico. Oggi vive in Germania e suona jazz utilizzando strumenti tradizionali cinesi. Ad accompagnarla Lucas Niggli alle percussioni che si è presentato a Willisau con uno strumento ricco all'inverosimile di tamburi, oggetti di ogni genere e piatti che ricordavano più un tempio cinese che una batteria.
Purtroppo però questa grande varietà di possibilità timbrica lo ha distratto troppo impedendogli di metterci più fantasia. Ritmicamente il concerto non si è mai evoluto. Questo ha reso il concerto a mio modo di vedere più pesante del previsto. Il pubblico di Willisau ha comunque apprezzato l'esecuzione, chiedendo a gran voce un bis.
Willisau, Jazz Festival
Come detto in precedenza questa è stata l'ultima edizione del festival organizzata da Niklaus Troxler che prima di passare il testimone al figlio Arno ha voluto che suonasse almeno una volta sul palco di Willisau. L'occasione per farlo non è mancata. I Feigenwinter 3 sono una band svizzera capitanata da Hans Feigenwinter con Arno Troxler alla batteria. Quello che veramente mi ha colpito di questa band è stato però Wolfgang Zwiauer al basso elettrico. Davvero un bel musicista. Un tiro incredibile. Davvero bravo nel controllare il suono del proprio strumento, pizzicando le corde in punti diversi del manico per cambiare il timbro delle note. La mia attenzione è andata tutta su di lui. è stato un po' come assistere a una lezione di basso elettrico. A parte questo però non c'è molto altro da dire.
Willisau, Jazz Festival
Perché John Scofield abbia voluto fare un regalo al gospel e al rhythm and Blues facendo un album e una tournée dedicata a questi generi musicali proprio non lo so. Quello che so è che di regalo si tratta e a Willisau ho capito che il regalo era non solo per il pubblico, ma anche e soprattutto per se stesso. E sì, perché John Scofield ha dato proprio l'impressione di divertirsi come un matto, riempiendo i brani di assoli e fraseggi di chitarra di rara bellezza, contagiando pubblico e compagni con la sua euforia.
Per puro caso l'ho incrociato in albergo dove l'ho visto ancora ore dopo la fine del concerto a parlottare con gli altri musicisti ancora in preda all'euforia del concerto. Pur non conoscendolo e non avendogli neanche parlato, mi è sembrato davvero uno a cui piace suonare, pieno di grinta e di gioia. Sembrava davvero pieno di energia.
Ma torniamo al concerto. La band non mi ha detto molto. Ascoltate il cd "Piety Street" per avere un'idea. è una buona band, ma niente di più. All'inizio erano anche un po' freddi. Anche Scofield ci ha messo un attimo a ingranare, forse per qualche problema tecnico. Poi però quando ha preso il pieno controllo dei suoi mille pedalini si è letteralmente scatenato.
Incredibile la padronanza dello strumento, il pefetto controllo dei suoni e l'utilizzo dell'elettronica per ampliare ancora di più le proprie possibilità. Concludo dicendo che è stato un bel concerto, ma solo grazie alle presenza di John Scofield alla chitarra.
Willisau, Jazz Festival
Devo ammettere che questa giovane band svizzera, che come sottolineato da Troxler (chiaramente in schwitzer dutch) valica i confini del rösti graben, essendo composta da romandi e svizzeri tedeschi, mi è piaciuta. Le composizioni di Vera Kappeler sono state supportate da una sezione ritmica davvero in ordine. Simon Gerber al contrabbasso e Lionel Friedli sono riusciti a fondere i propri strumenti in un meccanismo preciso e delicato, rendendo l'esecuzione dei brani piacevoli e leggeri altrimenti forse troppo malinconici e privi di brio. Era infatti palpabile la timidezza di Vera Kappeler, forse un po' intimorita dall'importanza dell'evento ma al tempo stesso orgogliosa di esserci.
Willisau, Festival
L'edizione 2009 si è conclusa con una lunga standing ovation durata almeno una decina di minuti. In questo modo l'affezionato pubblico di Willisau ha voluto rendere omaggio a Niklaus Troxler, lo storico fondatore e organizzatore di questa rassegna che quest'anno ha deciso di cedere il testimone al nipote Arno.
C'eravamo anche noi, solo in due. Gli unici due forse a parlare italiano. Per fortuna che c'era della grande musica da ascoltare e adesso da raccontare.
Lugano, Studio 2 RSI Besso
Ed è di nuovo magia allo studio 2 della RSI di Besso. Il trio atipico nella sua composizione, violino, violoncello e batteria mostra da subito una grandissima capacità esecutiva. I brani, praticamente tutti originali, di composizione e arrangiamento del trio mostrano le grandi doti musicali delle due musiciste, Carla Kihlstedt al violino e Marika Hughes al violoncello, davvero incredibili e coinvolgenti nel cantare e allo stesso tempo nel suonare i propri strumenti. Ad accompagnarle Shahzad Ismaily alla batteria che con il suo tocco leggero e le ritmiche ridotte all'osso riesce a valorizzare a mio modo di vedere al meglio il lavoro delle sue colleghe. Davvero incredibile cosa riescono a riprodurre dal vivo. Sono solo in tre ma riescono a suonare ritmica, parti di basso, accompagnamento, melodia, canto, cori e Shahzad suona addirittura chitarra e batteria contemporaneamente. Davvero belli arrangiamenti ed esecuzione. Un concerto molto orecchiabile che ben si inserisce nella rassegna "tra jazz e nuove musiche".
Questo concerto me lo sono proprio goduto e mi sono portato a casa anche un cd che anche se non rende a pieno l'energia che questo trio è in grado di sprigionare dal vivo, lo consiglio: 2 Foot Yard, Borrowed Arms, 2008.
Milano, Blue Note
Si è aperto con il chitarrista di origini vietnamita Nguyê;n Lê una serie di tre serate di concerti al Blue Note di Milano che per l'occasione ha ceduto le chiavi del locale Paolo Fresu. Tre serate in cui il noto trombettista sardo è accompagnato da musicisti differenti. Carta bianca per lui, al quale in queste serate tutto è permesso.
Con un gruppetto di appassionati ci siamo recati a Milano in occasione della prima serata, che ha visto un insolito ma affascinante abbinamento di strumenti: chitarra elettrica e tromba. Un bel concerto quello presentato dai due musicisti, che hanno saputo unire a meraviglia acustica e elettronica offrendo al pubblico un vasto ventaglio di sonorità. Incredibile l'abilità di Nguyên Lê nel gestire un gran numero di pedalini, effetti elettronici e basi ritmiche preregistrate al computer. Un maestro nella padronanza del proprio strumento.
Chi però ancora una volta mi ha entusiasmato è stato Paolo Fresu, che con i suoi fraseggi puliti, diretti e melodiosi riesce sempre ad arrivare in modo chiaro e semplice al pubblico. Bravissimo nel trovare nuove sonorità al proprio strumento con l'ausilio di effetti elettronici.
è sempre un piacere fare una trasferta al Blue Note di Milano per assistere in tutta comodità all'esibizione di grandi musicisti.
Lugano, Studio 2 RSI Besso
Con il concerto della band SDJ Mentoring Project si apre il festival Suisse Diagonales Jazz, rassegna musicale biennale che presenta al pubblico una scelta tra i migliori talenti attivi in Svizzera. Innanzitutto lasciatemi esprimere la gioia che ho provato nel tornare allo studio 2 di Besso, molto più intimo rispetto all'auditorio, ad ascoltare questo genere di musica, che a mio modo di vedere più si addice a spazi ristretti. La serata si apre con una differenza rispetto alle abitudini dei concerti jazz alla radio: la presentatazione della band è affidata ad Alessandro, che si comporta egregiamente in un ruolo solitamente affidato alle parole esperte e coinvolgenti di Paolo. Questa novità per sottolineare l'organizzazione dell'edizione 2009 di Suisse Diagonales Jazz da parte dell'associazione ticinese .
SDJ Mentoring Project è una band, composta da giovanissimi musicisti svizzeri che è stata costituita proprio in occasione di questa rassegna musicale. La direzione della band è affidata a Bugge Wesseloft che ha composto tutti i brani proposti durante il concerto. Grazie alla sua esperienza ha portato i giovani musicisti a sperimentare nuove sonorità e ritmi con i propri strumenti. Il risultato è stato qualcosa di molto interessante e piacevole da ascoltare, anche se la giovane età e la poca esperienza dei musicisti hanno mio modo di vedere frenato il talento compositivo ed esecutivo di Wesseloft.
Buone le idee e la ricerca di sonorità nuove. Davvero belli e coinvolgenti i suoni elettronici proposti dal violoncellista ticinese Zeno Gabaglio. Buoni anche alcuni spunti della chitarra elettrica di Urs Vögeli, che è però riuscito ad emergere solo in alcune occasioni. La ritmica è invece secondo me stata un po' troppo discreta, troppo concentrata sulla tecnica e purtroppo troppo poco propensa a lasciarsi andare e a seguire l'andamento emotivo dei brani proposti. Ma come detto questi giovani talenti hanno davanti a loro ancora molti anni e molti concerti.
Lugano, Auditorio RSI
Che serata!! Devo essere sincero, sono andato al concerto di giovedìsera senza sapere bene cosa avrei sentito. Tra il pubblico ho notato diversi trombettisti e appassionati di questo strumento, attratti a Besso dal nome di Roy Hargrove. Personalmente, dopo aver ascoltato qualcosina su internet, mi aspettavo un concerto molto legato alla tradizione di questo strumento. In realtà sono stato subito catturato dall'enorme energia emanata dai cinque giovani musicisti, che hanno offerto un concerto di rara intensità. Roy Hargrove, all'inizio quasi contratto e un po' distaccato nel comportamento si è lasciato andare con il passare dei minuti contagiato anche lui come il pubblico soprattutto dalla grande carica emotiva del batterista Montez Coleman, davvero scatenato. Il grande affiatamento tra i cinque ha trasformato un repertorio sìinteressante ma non del tutto originale, in qualcosa capace di divertire e di appassionare il pubblico. Tutti davvero bravi, attenti e capaci di ascoltarsi.
Nemmeno un breve black-out elettrico che ha fatto calare il buio in sala è riuscito a fermare un elegante Roy Hargrove che ha mostrato tutte le sue doti di trombettista eccezionale, ma al tempo stesso anche di grande ascoltatore, sempre interessato e divertito dagli assoli dei sui ottimi compagni di palco. Insomma davvero una bella serata, degna di una rassegna jazz di altissimo livello, in grado sempre di stupire di far conoscere nuovi musicisti.
Lugano, RSI Lugano Auditorio
Molta la gente accorsa all'auditorio della radio RSI di Besso. Evidentemente la band in programma, ma soprattutto il nome di Jack DeJohnette non sono passati inosservati ai molti appassionati di jazz e non della nostra regione. Quello di mercoledìsera è stato un bel concerto con un bel repertorio e dei validi musicisti. La voce di Sibongile Khumalo, in bilico tra lirica e musica improvvisata ha sicuramente catturato l'attenzione di molti. Da segnalare anche i due giovani musicisti inglesi Byron Wallen alla tromba e Jason Yarde ai sassofoni, in grado di offrire al pubblico una grande varietà di sonorità, supportati da un grande talento musicale e dalla voglia di sperimentare nuovi suoni servendosi di effetti elettronici. Davvero bravi. Entusiasmante anche il momento in cui Byron Wallen ha appoggiato la tromba a terra e si è cimentato in un assolo davvero unico servendosi di una conchiglia come strumento. Il tutto supportato da una sezione ritmica di grandissimo livello, con Billy Childs al piano, Jerome Harris al basso acustico (notevole la sua tecnica; per tutta la sera ha percorso in lungo e in largo il manico del suo basso catturando la mia attenzione: peccato che si sentisse poco o niente di quello che stava facendo) e Jack DeJohnette alla batteria, personaggio che nella sua carriera ha dato molto al ruolo della batteria nella musica jazz: una vera e propria star.
E qui sta proprio il punto. è mancata a mio modo di vedere una vera coesione e compattezza nella band, sbilanciata soprattutto dal ruolo troppo presente della batteria, che ha sempre cercato di mettersi in primo piano sovrastando sia acusticamente sia scenicamente gli altri strumenti. Difficile dire quanto questo fosse voluto (il lungo assolo di batteria potrebbe dare qualche indicazione) e quanto invece abbia influito l'acustica e la sonorizzazione dell'auditorio, che già in altre occasioni ha mostrato di non digerire sonorità troppo aggressive come quelle proposte da DeJohnette.
Come dicevo è stato sìun buon concerto, poteva risultare qualcosa di indimenticabile, non lo è stato per me, anche se le basi per esserlo c'erano tutte, ma in fondo chi può dirlo...
Chiasso, Cinema Teatro
Finalmente sono riuscito a vedere in concerto Bill Frisell, chitarrista che non ha ormai più bisogno di essere presentato e che da anni, dai tempi dei Naked City di John Zorn ascolto e ne seguo entusiasta la discografia. A Chiasso ha presentato un progetto audio-visivo, dove con Tony Scherr al basso (ma aveva proprio solo quello strumento?!) e Kenny Wollesen alla batteria ha sonorizzato in tempo reale dei filmati. Dapprima si è trattato di immagini d'animazione che solo lui sa dove ha trovato e poi di un filmato di Buster Keaton.
Eccezionale quello che sono riusciti a proporre, suonando in perfetta sincronia con le immagini sullo schermo. Devo però dire che le musiche di Bill Frisell, con le loro strutture particolari, raccontano già delle storie senza quindi aver bisogno di un supporto visivo esplicito.
Trovo che il fatto di avere uno schermo con dei filmati abbia da un lato legato un po' troppo i musicisti al dover seguire una trama prestabilita, isolandosi dal pubblico, che a sua volta rischiava di sentirsi disorientato non sapendo più se guardare la band o le immagini proiettate.
Questo si è reso evidente al termine del concerto, quando dopo un lungo applauso i musicisti sono ritornati sul palco e finalmente liberi da ogni vincolo, non c'era infatti più niente da proiettare, si sono cimentati in un bis di rara intensità. Sono stati 5 minuti da brivido, dove Bill Frisell si è mostrato in tutta la sua grande abilità di emozionare e di donarsi completamente al proprio strumento, regalando al pubblico qualcosa di indimenticabile.
Personalmento sono stato molto toccato da questo brano che mi ha completamente catturato e coinvolto. Solo per quegli attimi sarebbe valsa la pena di fare qualsiasi tragitto con qualsiasi tempo. A questo punto posso solo dire: grazie Bill!!
Lugano, Studio 2 RSI Besso
Secondo me quello di sabato non è stato un concerto di facile accesso. Questo sia per la complessità della musica proposta, sia però anche dalla non ottimale sonorizzazione della sala, che ha reso i suoni un po' confusi. La voce praticamente inesistente e i volumi degli altri strumenti non perfettamente livellati hanno contribuito a disorientare il pubblico (almeno nella zona in cui ero seduto io). Osservando la gente in sala ho individuato numerosi appassionati di rock. Effettivamente anche per me è stato molto entusiasmante vedere a pochi metri Adrian Belew che fino a quel momento avevo ben presente vestito con una tuta da lavoro color cachi al fianco di Frank Zappa nel DVD Baby Snake che ho nella mia collezione.
In questa occasione si è presentato con due giovanissimi musicisti, fratello e sorella. Un incontro tra diverse generazioni che, vista la vivacità da ragazzino dimostrata da Belew sul palco, ha sicuramente giovato alla voglia di suonare della band. Da segnalare è la prestazione offerta alla batteria dal ventunenne Eric Slick, che nonostante la sua giovane età ha dimostrato una padronanza dello strumento al di sopra della norma, rendendo la ritmica leggera e scorrevole nonostante la sua complessità. I tre musicisti hanno offerto un buon concerto. Personalmente però per i problemi citati sopra ho fatto fatica a seguirne lo svolgimento. Peccato.
Mi sono però rifatto ascoltando il cd side four live, un concerto del 2007 della stessa band e con praticamente l a stessa scaletta. Un ascolto consigliato.
Lugano, Studio 2 RSI Auditorio
Se penso alla Russia mi vengono in mente i palazzoni tutti uguali, le persone avvolte da pesanti cappotti, i copricapi di pelliccia, le strade innevate, le sfilate militari, la disciplina rigida, gli spazi immensi e il freddo...sì il freddo vero.
In realtà i tre musicisti hanno emanato dal palco dell'auditorio della RSI una grande sensazione di calore. Un calore umano molto forte, di un popolo capace di divertirsi e di divertire. Il concerto dai tratti teatrali e ironici ha saputo catturare il pubblico, catapultando i presenti in una rappresentazione musicale della russia e dei suoi abitanti.
La musica dai ritmi marcati, a volte rigidi e marziali, mi hanno ricordato proprio le grandi sfilate mentre il canto quasi mistico di Sergeij Starostin mi ha dato l'idea dei grandi spazi e della solitudine in netto contrasto con la frenesia della vita della capitale caratterizzata dai virtuosismi di Arkadij Shilkloper al corno. L'utilizzo di strumenti etnici proposti in maniera magistrale dallo stesso Sergeij e il suo abbigliamento hanno evocato un mondo rurale, quasi epico, con una forte spiritualità distaccato dall'atteggiamento più spensierato e spavaldo proposto da Mikhail Alperin, vero motore portante della band. Un bel viaggio musicale.
Insomma quello di venerdì è stato un concerto a mio modesto parere dai grandi contenuti e con dei musicisti in grado di trasmettere grandi sensazioni al pubblico.
La nuova stagione di concerti di rete 2 che da quest'anno ha un nuovo nome TRA JAZZ E NUOVE MUSICHE, non poteva cominciare in modo migliore. Complimenti agli organizzatori.
Willisau, Willisau Jazz Festival, 31.08.2008 16:30
Dopo la standing ovation e i bis, il secondo concerto in programma si è subito rivelato come qualcosa di completamente diverso da quello che avevamo ascoltato nelle prime due ore. La band sul palco era formata questa volta da musicisti svizzeri accompagnati da John Zorn al sax alto. Qui non c'erano parti da seguire o melodie alle quali aggrapparsi. Tutto veniva improvvisato al momento senza un'apparente accordo tra i componenti della band. Il volume altissimo e il caldo soffocante non sono stati certo d'aiuto al difficile compito di cercare di capire cosa stessero combinando quei balordi sul palco.
Come detto tutto all'insegna dell'improvvisazione, anche l'inserimento a poco a poco di alcuni elementi della band di Bar Kokhba che era solo in parte previsto e che ha dato un po' da fare ai tecnici di palco, costretti a correre per piazzare i microfoni e collegare cavi.
Dapprima è comparso Mark Ribot con la sua chitarra dal suono pulito e travolgente, che ha subito dato all'insieme un po' di respiro, inserendosi a mio modo di vedere, in maniera ottimale, restando forse un po' in secondo piano, ma dando un tocco in più all'ascolto. Subito si è notato il grande affiatamento con John Zorn al sax.
Poi è stato il turno di Joey Baron alla batteria, che duettando con l'altro batterista Fredy Studer h a portato una ventata d'aria fresca in sala. Davvero impressionante la sintonia e la precisione tra i due.
Ma secondo me la svolta decisiva l'ha data Cyro Baptista, comparso sul palco con alcuni dei sui strani aggeggi ritmici. Con la sua simpatia ed energia ha catturato il pubblico. Completamente scatenato si è messo a ballare e a cantare duettando con l'altra voce della band Bruno Amstad (di cui ho apprezzato molto l'intera esibizione). Il tutto sotto gli occhi divertiti di John Zorn completamente in estasi anche lui come il pubblico in sala.
Willisau, Willisau Jazz Festival, 31.08.2008 14:30
Difficile trovare le parole per descrivere tutte le emozioni provate durante l'intenso pomeriggio in compagnia di John Zorn nella calda e affollatissima sala concerti del festival jazz di Willisau. Erano anni che attendevo di poter assistere a un concerto di questo straordinario musicista, compositore, sperimentatore...e chi più ne ha più ne metta. Non poteva esserci occasione migliore di quella di domenica scorsa con il doppio concerto di Willisau.
Il pomeriggio è cominciato con l'esibizione della band di Bar Kokhba con le sue calde musiche ispirate dalla tradizione ebraica e i suoi ritmi piacevoli in grado di catturare l'attenzione del pubblico presente in sala. Tutte composizioni di John Zorn, semplici e dirette, accessibile a tutti, modellate e ricamate per l'occasione su misura sugli animi dei musicisti dallo stesso John Zorn, che seduto sulla sua sedia, spalle al pubblico si è divertito a improvvisare trasformando la band nel proprio strumento musicale.
Un concerto davvero eccezionale ed emozionante.
La registrazione del concerto verrà trasmessa dalla radio DRS2 il 30.01.2009 alle 22:30.
Per chi volesse ascoltare le composizioni di Zorn, consiglio il cd Bar Kokhba Lucifer: Book of Angels Volume 10.
Lugano, Studio 2 RSI Besso
Penso che lo studio 2 della RSI a Besso sia uno dei luoghi migliori (della nostra regione) dove poter assistere a un concerto. L'acustica neutrale, il pubblico attento, le dimensioni della sala e i sempre validi musicisti presenti ne fanno un il luogo ideale per lasciarsi trasportare dalla musica. La sensazione che si prova è quella di avere una band nel salotto di casa propria e di godersi ogni nota in tutta tranquillità.
E proprio in questa atmosfera è iniziata la seconda parte dei concerti Jazz di Rete Due con una formazione di giovani musicisti della nostra regione. Max Pizio ai sassofoni, Antonio Cervellino al contrabbasso e Sheldon Suter alla batteria hanno saputo offrire al pubblico un'ora di ottima musica, presentando in maniera brillante un repertorio (tutti brani originali a parte una cover rivisitata) degno di grandi musicisti.
Repertorio nel quale Max Pizio ha saputo dimostrare una grande maturità e sensibilità sostenuto da una solida sezione ritmica non troppo invadente. I tre sono riusciti a far emozionare il pubblico attento e partecipe, servendosi di ogni mezzo a loro disposizione per trovare nuove sonorità. In questo contesto Pizio ha saputo interagire con la ritmica percuotendo per esempio il proprio strumento con il pugno, e Suter alla batteria ha saputo rispondere facendo fischiare i piatti creando così delle sonorità simili a quelle di un sax. Anche il bravo Antonio Cervellino si è unito a meraviglia a questo interscambio di sonorità con il suo contrabbasso, suonato a tratti anche con l'archetto.
Lugano, RSI Studio 2
La serata allo Studio 2 della RSI a Besso è continuata dopo il bel concerto di Max Pizio e colleghi, con una formazione composta da personaggi di tutto rispetto. Urs Leimgruber ai sax, Jacques Demierre al piano e Barre Phillips al contrabbasso.
I tre hanno proposto un tipo di musica, basata tutta sull'improvvisazione, troppo difficile e incomprensibile per i miei gusti.
In questi casi dove tutto mi sembra casuale e dissonante, prevale su di me la mia parte più razionale, che vuole cercare a tutti i costi di capire quale tipo di meccanismo regoli questo caos apparente.
È con questo auspicio che sono rimasto fino alla fine, cercando di capire cosa volessero dire quei tre, a quel punto per me, folli con le loro note e i loro strumenti suonati in maniera così poco convenzionale.
Purtroppo alla fine non ci ho capito niente...sarà per la prossima volta.
Chiasso, Festival Jazz di Chiasso
Bravi, bravi, bravi!!! Sulla carta poteva sembrare un concerto di non facile ascolto per la composizione atipica della band. Tromba, trombone e percussioni: davvero particolare.
In realtà tutto è stato molto piacevole, diretto e divertente grazie alla teatralità proposta soprattutto da Reto Weber alle percussioni che per tutto il concerto ha giocato con il ritmo, il pubblico e i suoi compagni di avventura.
Entusiasmo al quale non si sono certo sottratti Enrico Rava alla tromba, un nome che ormai non ha bisogno di tante presentazioni, e Gianluca Petrella, giovane e talentuoso trombonista. È proprio su di lui che si è concentrata la mia attenzione per tutto il concerto, forse anche per il fatto che è proprio grazie allo studio del trombone a tiro che ho imparato a conoscere la musica. Sono quindi un po' di parte, ma un po' di elogi a uno strumento così eccezionale non possono che giovare alla poca notorietà che questo ottone riscuote nei giovani e nel pubblico in generale. Il trombone a tiro grazie alla sua estensione musicale (da note gravi di baritono a quelle più acute di contralto), alla possibilità di glissare le note e all'enorme dinamica, non ha secondo me pari nella famiglia degli strumenti a ottone.
Gianluca Petrella ha saputo proporre con grande semplicità tutte queste caratteristiche, giocando con la dinamica, con gli accenti, con il proprio corpo e con l'uso di sordine, dimostrando una grande maturità tecnica e una grande musicalità.
Musicalità espressa dalla complicità che si è instaurata tra i tre musicisti e il pubblico solitamente un po' distratto e chiacchierone, soprattutto in fondo alla sala, zona che soffre un po' della sindrome dell'estival jazz di Lugano, dove la musica è solo un sottofondo per l'instaurarsi di relazioni sociali.
Gli europeans sono riusciti nel difficile e quasi impossibile compito di catturare l'attenzione di questa parte di pubblico, insolitamente silenziosa per cercare di capire cosa stesse succedendo sul palco quando Reto Weber si è messo a far roteare nell'aria uno strumento (mi scuso ma non ho la più pallida idea di cosa fosse), che con il suo appena udibile suono ha accompagnato in una sperimentazione sonora Enrico Rava e Gianluca Petrella, i quali hanno usato solo parte dei propri strumenti, solo il bocchino il primo e solo la coulisse senza campana il secondo.
Insomma un bel concerto offerto da una formazione un po' particolare, che vale la pena seguire.
Lugano, Teatro Nuovostudiofoce
Le sedie del teatro Nuovostudiofoce erano quasi tutte occupate ieri sera. Evidentemente il nome di Sandro Schneebeli diventa ogni anno sempre più conosciuto, e questo non può che far piacere, essendo lui un giovane cresciuto proprio nel luganese.
Non capita infatti tutti i giorni di vedere dei giovani musicisti ticinesi in grado di produrre della buona musica e di affermarsi anche al di fuori dei nostri confini.
Il concerto di ieri è stato sicuramente molto interessante. La musica egregiamente suonata dai quattro membri della band è un mix tra jazz e world music, nel quale parti più melodiche si intrecciano in un delicato equilibrio tra tecnica e musicalità.
A mio modo di vedere la tecnica e il virtuosismo hanno però avuto la meglio sulle emozioni e sul calore che quelle melodie avrebbero potuto trasmettere. La musica se oltre le orecchie riesce a raggiungere anche il cuore diventa magia e quell'equilibrio tra tecnica, armonia e interazione con il pubblico la elevano a qualcosa di universale rendendo una serata indimenticabile. Ricordo in proposito un magico concerto all'Osteria del Teatro di Banco di qualche anno fa, durante il quale quest'esercizio era pienamente riuscito.
Questa magia gioved� sera non c'è stata, sia forse per il poco affiatamento tra i due strumenti principali (chitarra e bandeon), sia forse per le fredde e un po' distaccate presentazioni dei brani. Ciò non toglie meriti a Sandro Schneebeli, che con il passare degli anni dimostra una padronanza del proprio strumento sempre maggiore.
È stata comunque una serata di buona musica e con degli ottimi musicisti. In particolare mi è piaciuto molto Daniel Schläppi al contrabbasso, mentre invece Daniele di Bonaventura al bandeon, nonostante la sua grande presenza scenica e il suo energico modo di suonare, è stato un po' offuscato dal ricordo della delicatezza di Michael Zisman, suo predecessore nella band.
In ogni caso Sandro Schneebeli è un musicista che vale la pena continuare a seguire e che in un certo senso rappresenta la voglia di far bene e di farsi conoscere dei giovani della nostra regione.
Lugano, RSI Auditorio Stelio Molo
Che serata quella di venerdì alla RSI! Bobo Stenson al piano e i suoi due colleghi al contrabbasso e alla batteria hanno davvero dato prova di tutta la loro raffinatezza e bravura. Personalmente posso affermare che non capita spesso di assistere a concerti del genere, dove l'affiatamento tra i vari componenti della band raggiunge livelli così alti. Affiatamento sicuramente consolidato dai giorni precedenti il concerto, durante i quali il trio ha registrato un cd presso gli studi della RSI.
Il risultato è stato un concerto molto emozionante dove ogni musicista ha saputo valorizzare al meglio i brani con le proprie caratteristiche musicali.
Il concerto è stato seguito da una panettonata offerta dalla RSI e da una concerto sorpresa degli ZAP MAMA.
Presentarsi su un palco a suonare dopo una performance come quella di Bobo Stenson e dei suoi colleghi non deve certo essere cosa facile.
Gli (o le) ZAP MAMA hanno però saputo offrire un concerto all'altezza della serata, penso meravigliando molti dei presenti accorsi soprattutto per ascoltare del jazz.
Sinceramente li (o le) conoscevo solo di nome. Devo ammettere che mi sono piaciuti molto, soprattutto per la loro grande professionalità e per aver saputo giocare con la musica (proprio come chi li aveva preceduti), presentando un concerto apparentemente studiato per uno show da grande palco, dove ogni movimento è studiato a tavolino, sotto una veste per certi versi jazzistica.
Banco, Osteria del Teatro
Che bello poter ascoltare un chitarrista ticinese, cresciuto nel luganese, in grado di offrire con il suo strumento della musica ricca di ritmo, melodie e sonorità appartenete alla grande tradizione del jazz e del funk.
Sandro Schneebeli si è presentato in compagnia dei suoi colleghi, Richard Pizzorno all'organo hammond (non capita tutti i giorni di poter vedere ancora uno strumento del genere su un palco ticinese) e Daniel Aebi alla batteria.
Il concerto è stato un susseguirsi di standard jazz, blues, funk, soul e latin, ma è nelle composizioni proprie che secondo me raggiungono quella complicità musicale in grado di emozionare il pubblico.
Un trio da non perdere!!
Lugano, RSI Studio 2
The name of Jimi Hendrix still be able to attract a lot of people, even in a raining cold evening. This shows that the idea to propose a jazz rivisitation of a blues rock repertory is a good idea.
Unfortunately the quality of a concert isn't proportional to the number of the listening peoples. The original and theatrical interpretation of Erika Stucky captured the interest of the audience, but this is the only positive point. The other components of the band weren't able to make the same, proposing a rough groove. In particulary bass and drum was a rhythmically litigious couple not able to give the right unity to the sound.
Moreover the idea to amplify the kickdrum made the sound confused, even in a good acoustic room such as the studio 2.
For all the Jimi Hendrix Fans loving jazz music, too, I suggest to listen the album "Purple" of the guitarist Nguyên Lê.